I vigneti che danno sullo Stagno di Thau |
Parliamo della toute nouvelle AOC Picpoul de Pinet, dichiarata denominazione d'origine a sé stante appena un mese fa , il 14 febbraio, dopo un ventennio di soggiorno nella AOC Couteaux de Languedoc: siamo quindi nel sud della Francia, fra Montpellier e Beziers, vicino lo Stagno di Thau, un vero proprio mare interno di 7500 ettari, con clima tipicamente mediterraneo e venti marini, mistral e tramontana, che tanto hanno influito sulla conservazione del vigneto. I comuni della nuova AOC sono sempre i sei di prima, da Pinet, a Pomerols, Florensac, Mèze, Marseillan e Castelnau de Guers, più o meno 20000 anime in tutto e 6 milioni di bottiglie prodotte. Per la storia di questo vino di mare il primo riconoscimento risale al 1773, quando l'intendente alle finanze Turgot, futuro ministro di Louis XVI, fece marchiare a fuoco le grandi botti di Picpoul, significandone il pregio assoluto. Dal 1994, a testimoniare l'influenza "marina", viene creata Neptunus, la bottiglia tipica del Picpoul, che, come l'anfora del verdicchio, caratterizza in maniera inconfondibile questo vino: fondo a colonna corinzia, onda di mare in rilievo e croce del Languedoc intagliata nel vetro rigorosamente verde. L'82 % del vigneto appartiene a cantine cooperative , mentre sono solo 4 le principali aziende gestite da singoli proprietari.
Dei vini delle cooperative ho assaggiato il Picpoul Ormarine Carte Noire, già medaglia d'oro al concorso generale agricolo di Parigi del 2012, che si puo' comprare a costi molto contenuti, raggiungendo al massimo i cinque euro a bottiglia nella grande distribuzione (da Cora sta a 4 euro e 40 centesimi). Monovitigno di Picpoul, come del resto previsto dal disciplinare, la veste è di un giallo quasi dorato, il naso è cangiante: dapprima sentori citrici di pompelmo rosa, poi pera, pesca, mandorla e accenni di nocciola, con richiami di erba aromatica, di salvia in particolare ed una mineralità tipica, assimilabile a quella dei vermentini o pigati liguri, per passare dalla via Domizia lungo la quale i Romani impiantarono numerosi tipi di cultivar, fra l'Italia e la Spagna, alla sua logica prosecuzione, la Via Aurelia lungo la costa mediterranea. In bocca è assai fresco con una notevole spalla acida, ma la sua rotondità e morbidezza è degna quasi di uno chardonnay di razza, assolutamente particolare per questo vino che non fa malolattica.
Dei vini delle cooperative ho assaggiato il Picpoul Ormarine Carte Noire, già medaglia d'oro al concorso generale agricolo di Parigi del 2012, che si puo' comprare a costi molto contenuti, raggiungendo al massimo i cinque euro a bottiglia nella grande distribuzione (da Cora sta a 4 euro e 40 centesimi). Monovitigno di Picpoul, come del resto previsto dal disciplinare, la veste è di un giallo quasi dorato, il naso è cangiante: dapprima sentori citrici di pompelmo rosa, poi pera, pesca, mandorla e accenni di nocciola, con richiami di erba aromatica, di salvia in particolare ed una mineralità tipica, assimilabile a quella dei vermentini o pigati liguri, per passare dalla via Domizia lungo la quale i Romani impiantarono numerosi tipi di cultivar, fra l'Italia e la Spagna, alla sua logica prosecuzione, la Via Aurelia lungo la costa mediterranea. In bocca è assai fresco con una notevole spalla acida, ma la sua rotondità e morbidezza è degna quasi di uno chardonnay di razza, assolutamente particolare per questo vino che non fa malolattica.
La persistenza in bocca è abbastanza lunga, con un retrogusto ammandorlato che riflette i sentori prima citati.
Un buon vino di mare che può abbinarsi a frutti di mare o a piatti regionali di pesce, quali i filetti di acciuga crudi o le crocchette di baccalà, piuttosto che con i formaggi in aperitivo o dessert.
Quale valida alternativa, al Delhaize a Euro 4,99, il Ressac Picpoul di Pinet di Florensac, forse un po' più corto, ma di grande acidità e mineralità come il precedente.
Se li vedete in supermercato, vale la pena provarli: sicuramente sono indicativi dell'assoluto pregio del prodotto medio d'Oltralpe, ancora benchmark per la maggior parte dei vignaioli nostrani.