Voglio
riniziare il percorso interrotto qualche anno fa oramai per poter
tornare a parlare di vino e voglio farlo parlando delle eccellenze della
mia regione, che oramai ho lasciato da quasi undici anni e che sto
riesplorando ora con altri occhi anche in chiave prospettiva, visto il
prossimo epilogo della mia parentesi di vita e lavorativa in terra
belga. Nel frattempo molte cose sono cambiate e il luogo che ho visitato
sabato scorso e' nato proprio durante la mia assenza, nel dicembre
2014 con il Wine Bistrot, prendendo le sembianze odierne solo nel 2017.
Si'
perche' sabato scorso con Doretta ci siamo detti: "Perche' non andiamo verso
Frascati?" terra di un caro amico mai dimenticato e che trasuda ancora
molti sentimenti per la nostra famiglia. Memore del Luna Mater di Fontana Candida bevuto
la sera prima, abbiamo deciso di andare verso Finocchio (sulla
Casilina) e risalire verso i castelli Romani, passando proprio da quella
via in salita (via Fontana Candida), dove contavo a memoria gia' tre
aziende proveniendo dal comune di Roma: Casata Merge', poi il famoso
Fontana Candida, propaggine del territorio del comune di Frascati e piu'
in alto Poggio Le Volpi, dove siamo gia' passati al territorio di Monte
Porzio Catone.
Ho
detto a mia moglie: "Lassu' ci dovrebbe essere un bistrot di Poggio Le
Volpi, ti ricordi? Quelli dell'Epos, del People, del Donnaluce?" Mia
moglie, non so se per accondiscendenza o se davvero ricordasse, ha
annuito, allettata dall'idea.
Ed
infatti, appena superato il casello della autostrada, sulla destra,
sotto qualche goccerellina di pioggia, ci troviamo in un ampio parcheggio e
davanti ad un bell'edificio con richiami signorili e pertinenze in marmo
sovrastante le vigne a spalliera volte verso il levante, vale a dire
verso la Capitale. Andiamo all'Epos Wine and Food, ma ci dicono che al
piano sottostante si potrebbe provare anche l'esperienza gourmet del
Ristorante Barrique. Ci sediamo al Bistrot ripromettendoci di valutare e
provare poi il Ristorante Gourmet (con 2 menu da 7 e 9 portate a prezzi ancora ragionevoli), non senza notare la carne a vista e
la braceria gestita da un dedicato giovane "asador", che aveva notato il
mio sguardo iniziale fra l'incuriosito e il sorpreso.
Il
pranzo doveva essere veloce, poi, quando un simpatico cameriere
equipaggiato con mascherina ci ha passato le carte dei menu (no, non il
tablet), abbiamo capito che trattavasi realmente di cosa seria e che meritava il tempo necessario.
I
piatti sono immediati, territoriali, poi c'e' la braceria con carni da
vari posti del mondo, dalla Prussia polacca, al Simmenthal svizzero, per
passare anche ad altri paesi, e la carne e' sottoposta a dry ageing,
alla frollatura alla temperature costante di due gradi a umidita' controllata, che ne conserva e
preserva le caratteristiche. El Asador, che si chiama Edoardo, mi ha poi
accompagnato a vedere la cella apposita dove le carni riposano in
genere per tre mesi o piu'. Lo stesso Edoardo, sollecitato da me, mi ha
proposto di prendere la Simmenthal svizzera e me ne ha dato un assaggio
cruda per capire a pieno la sua morbidezza: un trattamento del genere
lo avevo avuto solo a Lanzarote al Ristorante Toro, anche li' esperienza gourmet di un certo livello.
La cella "dry ageing" |
Edoardo "El Asador" |
Nel
2017 Oliver Glowig passa dal Mercato Centrale capitolino a Monteporzio,
dicevamo, e la risposta del pubblico sia romano che locale non si fa
attendere. Territorio e materia prima, lo chef che non deve strafare, ma
correttamente abbinare e assecondare i prodotti, con sapori che
debbono distinguersi e non con "tendenze" che coprono gli stessi (
spezie, cotture atipiche, o altro), sono questi i capisaldi dello chef
teutonico che riscuotono sempre piu' successo. E la materia prima e' e deve essere fantastica, sia essa carne, pesce, verdura e pasta. Per la verdura le riminiscenze
campane e isolane hanno portato a Monte Porzio dei friarielli ( o
friggitelli) di una squisitezza unica, cosi' come saporitissima era la
stessa cicoria. La carbonara era deliziosa, con una cremina e dei sapori
che da tempo non riecheggiavano nel mio palato.
Per la carne, veramente un "buro", per dirla alla romana, servita su piatto di ghisa bollente, la Simmenthal svizzera sottoposta a frollatura e' stata una delle migliori mai degustate, tenera, saporita e ben al sangue.
Il capitolo vini e' stato introdotto da un collega sommelier FIS di Palestrina ( prima o poi sapro' il suo nome, per ora mi scuso), competente e simpatico, che fa il paio con il maitre sommelier del Barrique Dario Campanella, WSET4 e con esperienza internazionale, su carta dei vini che Oliver aveva voluto consigliata dallo sfortunato, ma sempre eccellente Luca Boccoli del Mercato Centrale. La nostra scelta e' stata quella di fare una carrellata sui vini di Poggio Le Volpi al bicchiere, lasciando alla prossima visita l'assaggio dei vini dell'altro podere della famiglia Merge', quello pugliese di Masca del Tacco, dove in vari possedimenti per circa 200 ettari, i vignaioli di Monteporzio producono Salice Salentino, Primitivo di Manduria e altre tipologie di vini tipici della regione del tacco d'Italia. Il primo vino assaggiato, by default, e' stato l'Asonia, splendido metodo classico Frascati DOC prodotto da uve Malvasia di Candia dei vigneti di colle Pisano, con sentori classici di crosta di pane, melone e finale iodato, bollicine finissime dai 60 mesi sui lieviti.
La DOC nasce con soli 35 ettari, mentre oggi, dopo l'istituzione del Consorzio avvenuta nel 2018, si contano circa 270 ettari e una produzione di almeno un milione di bottiglie, con 81 produttori provenienti da un'ampia fascia della citta' metropolitana: forse sono escluse solo Tivoli e Castel Madama dalla possibilita' di rientrare nella DOC, mentre i Colli Albani e Prenestini, la Sabina Romana, la zona costiera sono ben rappresentate. Ancora una volta le nostre realta' perdono l'appuntamento, perche' poco mature in senso imprenditoriale agricolo, per un'occasione sicuramente importante. Discutibile il fatto di utilizzare per il Roma DOC Rosso il Montepulciano in prevalenza e solo una piccola percentuale di vitigni veramente romani, quali il cesanese o il nero buono. Molta della critica, si discuteva con il sommelier, non ha certo apprezzato l'operazione che ha strizzato un po' l'occhiolino al mercato internazionale per prediligere nell'uvaggio il montepulciano, che riecheggia il noto vino e localita' toscane e il vitigno abruzzese o la syrah ( e non il merlot oramai autoctono ad Atina e nel frusinate), che di laziale ha ben poco, per screditare vitigni dal DNA delle campagne romane, quali ad esempio il cesanese o il nero buono. Per queste ragioni uno dei flagship wine della casa, il Baccarossa nero buono in purezza, ha dovuto ricorrere alla IGT Lazio, non potendo rientrare nel disciplinare della Doc "Caput vini". Cosi' come IGT Lazio e' anche il morbido Donnaluce, forse il vino piu' apprezzato della cantina , prodotto da un blend di Malvasia di Candia, Greco e Chardonnay. Altre critiche sono venute sul versante Roma DOC Romanella Spumante che ha diciamo istituzionalizzato pratiche secondo molti poco edificanti riguardanti la produzione di un vino frizzante locale, protagonista nelle cosiddette "fraschette" dei Castelli dove ben si abbinerebbe con la porchetta di Ariccia. Per finire mia figlia ha preso una eclaire alla panna e pistacchi che e' scomparso in men che non si dica. D'uopo la visita stile museo al ristorante sottostante Barrique, alle nicchie "caves a' vin" con le oltre trecento etichette italiane e internazionali, alle vetrine di stagionatura di formaggi e salumi e alla cucina con oblo', il tutto con viste mozzafiato sulle vigne e sulla metropoli sottostante. Logicamente poi ho acquistato qualche prodotto, ivi compreso l'ottimo olio assaggiato sul pane a inizio pasto, ma la prossima volta andro' piu' attrezzato. Ce ne siamo andati assai soddisfatti di questa visita degustativa avvenuta quasi per caso, certi ancor di piu' che la zona dei Castelli romani sta migliorando la sua offerta e che questa area vocata per la produzione vitivinicola puo' dare ancora molto al mondo gourmet della regione e, perche' no, nazionale.
Un
appuntamento da non mancare a un passo da Roma e da Tivoli per gli
appassionati di vino e buona cucina. A presto Epos e Barrique: oramai siete nella lista dei "punti godimento" del Ministro del Godimento e
sarete meta assidua di escapades ai Castelli per la nostra famiglia
gourmanda.
Per altre foto visitate il mio profilo facebook: Marco Moreschini
EPOS Wine and Food Barrique,
Via Fontana Candida, 3/C
00078 – Monte Porzio Catone (RM) - Italy
Telefono e fax: +39 06.9416641
E-mail: info@enotecapoggiolevolpi.it
Per la carne, veramente un "buro", per dirla alla romana, servita su piatto di ghisa bollente, la Simmenthal svizzera sottoposta a frollatura e' stata una delle migliori mai degustate, tenera, saporita e ben al sangue.
Il capitolo vini e' stato introdotto da un collega sommelier FIS di Palestrina ( prima o poi sapro' il suo nome, per ora mi scuso), competente e simpatico, che fa il paio con il maitre sommelier del Barrique Dario Campanella, WSET4 e con esperienza internazionale, su carta dei vini che Oliver aveva voluto consigliata dallo sfortunato, ma sempre eccellente Luca Boccoli del Mercato Centrale. La nostra scelta e' stata quella di fare una carrellata sui vini di Poggio Le Volpi al bicchiere, lasciando alla prossima visita l'assaggio dei vini dell'altro podere della famiglia Merge', quello pugliese di Masca del Tacco, dove in vari possedimenti per circa 200 ettari, i vignaioli di Monteporzio producono Salice Salentino, Primitivo di Manduria e altre tipologie di vini tipici della regione del tacco d'Italia. Il primo vino assaggiato, by default, e' stato l'Asonia, splendido metodo classico Frascati DOC prodotto da uve Malvasia di Candia dei vigneti di colle Pisano, con sentori classici di crosta di pane, melone e finale iodato, bollicine finissime dai 60 mesi sui lieviti.
Poi
ho chiesto l'EPOS Frascati Superiore Riserva DOCG 2016, mellifluo di
melone, camomilla, cera, forse miele d'acacia e frutta
esotica. Parlando con mia moglie dicevamo che somiglia piuttosto a un
riesling della Mosella come profumi e sapori ed ecco che il collega
sommelier dice la stessa cosa: la pensiamo "analiticamente" allo stesso
modo, altro motivo di soddisfazione.
Con la carne il sommelier mi ha fatto
provare il Roma DOC base da uve Montepulciano (predominante), Cesanese e
Syrah. Vino abbastanza morbido di frutti rossi, macchia mediterranea e
di un complessivo equilibrio. DOC Roma
nasce nel 2011 con sette tipologie ed e' l'unica DOC che trae origine
in una capitale europea, motivo se vogliamo anche d'orgoglio "patrio"
per un territorio con tali tradizioni vitivinicole.
Spese finali |
La DOC nasce con soli 35 ettari, mentre oggi, dopo l'istituzione del Consorzio avvenuta nel 2018, si contano circa 270 ettari e una produzione di almeno un milione di bottiglie, con 81 produttori provenienti da un'ampia fascia della citta' metropolitana: forse sono escluse solo Tivoli e Castel Madama dalla possibilita' di rientrare nella DOC, mentre i Colli Albani e Prenestini, la Sabina Romana, la zona costiera sono ben rappresentate. Ancora una volta le nostre realta' perdono l'appuntamento, perche' poco mature in senso imprenditoriale agricolo, per un'occasione sicuramente importante. Discutibile il fatto di utilizzare per il Roma DOC Rosso il Montepulciano in prevalenza e solo una piccola percentuale di vitigni veramente romani, quali il cesanese o il nero buono. Molta della critica, si discuteva con il sommelier, non ha certo apprezzato l'operazione che ha strizzato un po' l'occhiolino al mercato internazionale per prediligere nell'uvaggio il montepulciano, che riecheggia il noto vino e localita' toscane e il vitigno abruzzese o la syrah ( e non il merlot oramai autoctono ad Atina e nel frusinate), che di laziale ha ben poco, per screditare vitigni dal DNA delle campagne romane, quali ad esempio il cesanese o il nero buono. Per queste ragioni uno dei flagship wine della casa, il Baccarossa nero buono in purezza, ha dovuto ricorrere alla IGT Lazio, non potendo rientrare nel disciplinare della Doc "Caput vini". Cosi' come IGT Lazio e' anche il morbido Donnaluce, forse il vino piu' apprezzato della cantina , prodotto da un blend di Malvasia di Candia, Greco e Chardonnay. Altre critiche sono venute sul versante Roma DOC Romanella Spumante che ha diciamo istituzionalizzato pratiche secondo molti poco edificanti riguardanti la produzione di un vino frizzante locale, protagonista nelle cosiddette "fraschette" dei Castelli dove ben si abbinerebbe con la porchetta di Ariccia. Per finire mia figlia ha preso una eclaire alla panna e pistacchi che e' scomparso in men che non si dica. D'uopo la visita stile museo al ristorante sottostante Barrique, alle nicchie "caves a' vin" con le oltre trecento etichette italiane e internazionali, alle vetrine di stagionatura di formaggi e salumi e alla cucina con oblo', il tutto con viste mozzafiato sulle vigne e sulla metropoli sottostante. Logicamente poi ho acquistato qualche prodotto, ivi compreso l'ottimo olio assaggiato sul pane a inizio pasto, ma la prossima volta andro' piu' attrezzato. Ce ne siamo andati assai soddisfatti di questa visita degustativa avvenuta quasi per caso, certi ancor di piu' che la zona dei Castelli romani sta migliorando la sua offerta e che questa area vocata per la produzione vitivinicola puo' dare ancora molto al mondo gourmet della regione e, perche' no, nazionale.
Barrique Ristorante e Barricaia |
Per altre foto visitate il mio profilo facebook: Marco Moreschini
EPOS Wine and Food Barrique,
Via Fontana Candida, 3/C
00078 – Monte Porzio Catone (RM) - Italy
Telefono e fax: +39 06.9416641
E-mail: info@enotecapoggiolevolpi.it