Nella foto del blog, quella di copertina, ho di
proposito messo forse i vini più rappresentativi italiani nel mondo: Sassicaia,
Solaia e Ornellaia. Nonostante i puristi forse storceranno la bocca, sempre
combattuti nel dare importanza a vitigni che non sono ascrivibili al territorio
italiano, ho preferito inserire questi vini piuttosto che altri perché dovunque
nel mondo rappresentano magia, prestigio, e in un certo senso generano un certo
orgoglio patriottico anche a chi li beve.
Ciò ancor di più per un expat che si
deve confrontare quotidianamente con una serie di stereotipi che avvolgono, non
sempre generando ilarità, l'appartenenza al nostro popolo e la provenienza dal
nostro splendido paese. Sì, perché per certe cose sono orgoglioso di essere
italiano, e l'enogastronomia è una di queste e devo ammettere che da quando
sono qui il ritornello finale della canzone dell'ultimo Gaber risuona spesso e
volentieri in certe occasioni nella mia mente ("Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono, io non mi
sento italiano, ma per fortuna, per fortuna lo sono!"). Ho avuto poche volte, complice anche una
certa "importanza nella spesa", il piacere e l'onore di pasteggiare
con questi che il giornalismo negli anni 70, nella specie Robert Parker, guru
americano del settore, ha chiamato Supertuscan, per via del fatto che si
distinguevano, e nelle intenzioni dei produttori dovevano potersi distinguere,
per la differenza e la maggiore struttura, rispetto ai semplici vini "Tuscan"
della DOC Chianti 1967. I disciplinari avevano di fatto un po' appiattito
questi vini nella qualità e nel gusto, anche per la non adeguatezza della
vecchia formula chiantigiana proposta oramai da un secolo da Bettino Ricasoli,
in cui si aggiungeva al blend anche del vino da vitigno a bacca bianca quale il
trebbiano, incidendo sulla struttura e sul corpo (rimasto nel disciplinare del
Chianti classico fino al 2006): fu grazie alla spinta del nipote Marchese Piero
Antinori e del suo consigliere enologo Giacomo Tachis, che Mario Incisa della
Rocchetta, che dal 1944 produceva già nella maremma livornese a Bolgheri un
vino semplice con un Cabernet Sauvignon importato direttamente dal bordolese
dagli amici duchi Silviati, si convinse nel 1968 a commercializzare come Vino
da Tavola quello che poi diventerà in seguito un mito, quello del Sassicaia, e
che aprirà la strada ad altre sperimentazioni. Di seguito poi vennero il
Tignanello nel 1971, il Solaia e il Guado al Tasso, prodotti da Antinori sulle
orme di quanto fatto dallo zio, creando una sorta di rivoluzione nel classico
mondo dei "vinattieri toscani",
e che solo successivamente fu recepito come fenomeno degno di tutela
dall'austero mondo della regolamentazione vinicola, che negli anni 90, dopo la
IGT, si arrese e concesse la DOC a questa nuova formula vitivinicola.
Con Andrea Dionisi, l'Uomo dell'Aia |
Dicevo che ho bevuto ben poche volte questi vini e
una costante è quella che è sempre stata la medesima persona a proporli: io per
scherzare lo chiamo "L'uomo dell'aia",
ma non perché si distingua per ruoli di rilevo nei tribunali internazionali o
negli organi di polizia europei o abbia a che fare con la ditta che produce
polli o sia un arbitro calcistico di lungo corso, ma semplicemente perché tutti
gli "aia" supertuscans che ho assaggiato provengono dalla sua
cantina. A quelli già citati il Commendatore Andrea Dionisi, ora funzionario
qui in Commissione, ma con trascorsi internazionali di rilievo oramai da una
trentina di anni, ha proposto anche il Lupicaia del Castello del Terriccio nel
livornese più vicino al pisano, qualche mese fa, anche questo da includere nel
gotha della Supertuscanità. Da sempre amante del "bon vivre", ci accomuna una passione per l'edonismo
enogastronomico che coltiviamo da anni e che vogliamo continuare il più a lungo
possibile.
Il 5 aprile a cena a casa nostra, la classica
pelle d'oca appena ho preso da Andrea in mano la bottiglia per aprirla. Avevo
davanti a me un Ornellaia del 2001, un altro mito, dopo il Sassicaia e il
Solaia (già proposti), fra le mani! 5
grappoli AIS, 3 bicchieri Gambero Rosso, 96/100 del Wine Spectator, 95/100 da
Wine Advocate, gigante del vino italiano,
giudicato nel 2001, a un solo anno di distanza dal Solaia di Antinori, migliore
vino al mondo dal "Wine Spectator" per l'annata 1998.
I "cimeli" delle altre serate con Andrea |
In queste terre "gherarde" nel 1981 fu
prodotta la prima annata dell'Ornellaia, frutto dei più classici tagli
bordolesi, con predominio di 55%–65% Cabernet Sauvignon, 20%–25% Merlot e poi Cabernet
Franc e Petit Verdot. Dall'86, dai sette ettari del Cru Masseto viene prodotto
lo Chateux Petrus italiano, quel Masseto che nel 2005 ebbe i 100/100 dal Wine
Spectator e che forse rappresenta il non plus ultra di quello che un merlot può
dare nelle itale terre. Ludovico, uomo-marketing apprezzatissimo oltre
oceano, nel 1991 cominciò la collaborazione (che prosegue
ancora oggi) con Michel Rolland, il quale annovera ancora, fra le 693 cantine di cui è consulente,
anche molte eccellenze. L'austerità del primo supertuscan Sassicaia, lascia
spazio alla spettacolarità della Tenuta dell'Ornellaia, con cantine trasformate
in permanenti show rooms e personale sempre ben versato nel marketing.
Il Marchese Leonardo Frescobaldi |
Negli anni 90 l'enologo è l'ungherese Tibor Gal,
cui succede, negli anni dell'acquisizione da parte di Mondavi, Thomas Deroux, ora
a Chateau Palmer, e dal 2005 il bavaro-francese dall'inglese prefetto Axel
Heinz, in un melting pot di prevalenza mitteleuropea anch'esso piuttosto
particolare. Il balletto della proprietà si inserisce nel medesimo filone: i
californiani Mondavi nel 1998, acquistano una quota, diventando poi dal 2002
unici proprietari e cedendo il 50 per cento ai Marchesi Frescobaldi, acerrimi
concorrenti degli Antinori. Per dissidi
poi sulla linea aziendale con la Constellation Brands subentrata a Mondavi da
qualche mese, che voleva scendere di "segmento" e Frescobaldi che
voleva mantenere i brand di lusso, i marchesi fiorentini nel 2005 acquisirono
l'altra metà del colosso americano e diventarono gli unici proprietari della casa. C'è chi maligna sul fatto che tutta
l'operazione Mondavi sia stata artatamente creata per il fatto che Ludovico
Antinori mai avrebbe ceduto la tenuta direttamente ai nemici pari titolo
Frescobaldi, ma come vi avevo detto l'intreccio è tale da far sembrare la saga
quasi degna di una soap opera americana.
Per ritornare al Bolgheri Superiore Ornellaia
eccolo, combinato con una amatriciana in cornucopia di pecorino sapientemente
preparata dall'autoctona (perché di Rieti) Doretta, su ispirazione dell'Oste
della Bon'Ora ed una robusta "côte
à l'os" alla griglia. Il colore è ancora molto pieno per avere tredici
anni, e l'incipit all'olfatto è un po’
timido: sottobosco e accenni di confettura di frutta rossa, ma si deve ancora
aprire. Dopo una mezzoretta si va poi sul cuoio, in una progressione “terziaria”che ci porta poi
alla liquirizia, per volgere poi verso l’eucalipto, il mentolato, ma anche ad
un lieve tostato, su fondo sempre di frutta rossa matura, con un ventaglio
olfattivo strepitoso che quasi sembra un peccato interrompere per porgere il
bicchiere alla bocca. Qui la delicatezza dei tannini è paradigmatica, la
morbidezza al palato sensazionale e la persistenza lunghissima, con un
retrogusto dove i ricordi di frutta rossa si combinano con una certa dose di
cacao finale.
L'Ornellaia celebrativo della venticinquesima vendemmia con l'etichetta di Michelangelo Pistoletto |
Tutto cio’ avviene dopo lunga macerazione di 25-30
giorni, 12 mesi di affinamento in barriques, assemblaggio della migliore della circa novanta miscele selezionate da
Axel Heinz, sei mesi ulteriori di barrique e altri dodici in bottiglia.
Del resto questa attenzione iniziale si riverbera
nella loro assoluta affidabilità e
longevità, che li ha fatti diventare anche
l'ultima frontiera dell'investimento finanziario, come indicato recentemente
dal Sole 24 Ore in un articolo apparso qualche tempo fa. Una bottiglia celebrativa dei venticinque anni di Ornellaia dello scultore Michelangelo Pistoletto è stata battuta da Sotheby a Londra lo scorso anno a 105.000,00 Euro e l'iniziativa volta a sovvenzionare enti artistici quale è la Vendemmia D'Artista, riscuote crescente successo da oramai sei anni e quest'anno vedrà protagonista il canadese Rodney Graham.
Ben vengano serate come questa, con l'Uomo dell'Aia che ci propone delizie, che siamo pronti ad onorare. Il prossimo sarà il turno dell'eccellenza spagnola della Ribera del Duero e di un altro mito, quello del Vega Sicilia.
Un caro augurio di Buona Pasqua a tutti i lettori.
Molto bello il blog!Sa dirmi cortesemente chi sono ORA i proprietari della Tenuta dell'Ornellaia??
RispondiEliminaGrazie