mercoledì 11 aprile 2012

Vinitaly deluxe: a cena con Michel Rolland da Fabio Contato

Assieme a Mattia Vezzola e Antonio Rocchi in una foto di qualche tempo fa
Torno, solo dopo qualche tempo per una assenza dovuta a gravi ragioni familiari,  per illustrarvi un po' il mio percorso al Vinitaly 2012 e  per cercare di fare qualche flashback sui momenti più significativi di questa mia consueta dipartita per il Lago di Garda-Verona di ogni anno.
Il bilancio del primo Vinitaly "proweinizzato", che si è svolto in giorni feriali dalla domenica al mercoledì, è stato tutto sommato rinfrancante: a dispetto della crisi economica globale il settore gode di una buona salute con cifre che parlano di un incremento dell'export (4.4 miliardi di euro) rispetto all'anno precedente nonostante la diminuzione della produzione nella nostra penisola,  e un'affluenza presso i padiglioni della fiera di Verona di circa 150.000 operatori per una kermesse sempre più business e sempre meno evento folcloristico, coinvolgente circa 4200 espositori. Del resto  solo in Italia il settore vanta 13,5 miliardi di euro di giro d'affari, esclusi altri due miliardi di indotto e esige particolare interesse ed attenzione, visto anche il trend in crescita dovuto al fatto  che il consumo è aumentato su scala globale del 3,5 % negli ultimi anni, come riportato dall'Economist. 
Certo, è stata la prima edizione con bimba al seguito e devo dire che la mia piccola si è dimostrata ancora una volta, dopo varie esperienze brussellesi, cena-compatibile e altresì fiera-compatibile, non creando alcun problema al papà degustatore.  
Programma del sabato: a cena al caffè Italia a Desenzano dove abbiamo avuto l'onore di vederci servito l'aperitivo dalle  mani di Mattia Vezzola, uno dei migliori enologi italiani e padre dei piu' prestigiosi spumanti metodo classico della Franciacorta. Per noi un magnum di Costaripa Brut Rosè, dal perlage finissimo,  con quell'odore fragrante di frutti di bosco,  e con quel colore buccia di cipolla così caro a Vezzola, che del Chiaretto gardesano è uno dei maggiori propugnatori. Le sue origini comuni al senatore Molmenti, entrambi di Moniga del Garda,  che inventò la delicatissima vinificazione Chiaretto nel 1896, lo hanno spinto sempre più a dare importanza a questo tipo di vinificazione e a farsi fautore della nascita della DOC Valtenesi lo scorso anno, sulle sponde del lago di Garda, quasi dernière chance stanti le scadenze OCM Vino, vocata soprattutto alla produzione di rosati. Prima bellissima esperienza quindi!!!
Nei giorni successivi , assieme alla classica comitiva che si raduna ogni anno grazie all'intraprendenza degli agenti di commercio Rocchi, padre e figlio (www.rocchi.be, per vedere il parco vini di Francesco, che assieme a suo padre Antonio, che è tra l'altro mio cugino oltre che un grande amico, propone una varietà di vini italiani di qualità soprattutto nelle Fiandre e a Bruxelles e non solo in Italia), abbiamo fatto un giro fra gli stand di riferimento, soffermandoci anche su qualche gradita novità. 
L'etichetta del Pan, da un dipinto
di Pietro Cascella
Oltre a vecchie conoscenze quali l'eccellente "vignaiuolo friulano" Pier Paolo Pecorari, l'aristocratica e sempre brillante donna del vino senese Alessandra Casini Bindi Sergardi, e lo staff di inimitabile competenza e simpatia dell'azienda agricola Muratori, cui presto dedicheremo pagine in questo blog, ho avuto modo di conoscere e apprezzare alcuni dei vini della azienda vinicola Nestore Bosco, di Nocciano, nell'entroterra pescarese. Mi hanno colpito di questa azienda in particolare i bianchi pecorino e lo chardonnay Pan. Per il "vitigno della transumanza", riscoperto sul finire degli anni 80 da Cocci Grifoni nelle Marche e riportato in auge in Abruzzo sulle vie dei pastori da Cataldi Madonna negli anni 90 ad Ofena, comune a me noto per i miei trascorsi da segretario comunale nella piana di Navelli, lo stesso (IGT Colline pescaresi),  mi ha colpito per la sua intensità olfattiva e la franchezza, oltre che per una struttura ed una spalla acida abbastanza robusta,  con sentori di mela, pera e pesca giallona su tutti,  ed un certo  corpo  in bocca che ben si adatta a piatti di pesce saporiti o a ringagliardenti aperitivi.
Menzione speciale la merita il Pan Chardonnay, anch'esso IGT,  già premiato in vari  concorsi francesi,  come comunicatoci non senza una punta  di orgoglio dalla titolare Stefania Bosco, che gestisce, assieme a suo fratello, l'azienda fondata al termine dell'Ottocento dal capostipite Nestore: un degno competitor dei più blasonati Chablis, con sentori burrosi, nocciola, frutta gialla esotica stramatura, dall'ananas alla banana al mango, oltre forse ad accenni mielati e vanigliati come varianti al naso e in bocca di una pienezza sontuosa ed una rotondità derivata da un sapiente passaggio di circa un anno fra tonneaux di 500 litri e barriques di rovere francese e cinque mesi di affinamento in bottiglia nei tunnel sotterranei delle loro cantine. I suoi 14,5 gradi lo rendono adatto a piatti di pesce importanti e non annichilirebbe nemmeno davanti a carni bianche piuttosto speziate...anzi, si potrebbe azzardare anche qualcosa in piu', specie se abbinato con cucina burrosa o cremosa à la française. Mi ha ricordato un altro gigante adriatico fra gli Chardonnay italiani, il pugliese Pietrabianca Castel del Monte DOC di Antinori, cesellato ad arte da Renzo Cotarella.
Con il grande e discusso Michel Rolland
La sera della domenica presso lo show room della Cantine Provenza a Desenzano, classica cena-appuntamento con i clienti italiani e stranieri che quest'anno ci ha riservato l'ospite d'eccezione...e sì, perché, vista la sua appena iniziata collaborazione con Fabio Contato e la sua azienda, con firme sui nuovi  Lugana Molin, Fabio Contato Selezione, Prestige e Negresco Garda Classico, abbiamo cenato assieme all'osannato-criticato, dipende dai punti di vista, enologo francese Michel Rolland da Pomerol. E' ormai tempo che viene bersagliato dopo Mondovino dal regista Nossiter e da certa critica che vede in Lui lo "standardizzatore e spersonalizzatore" di tutti i vini, che farebbe diventare tutti  stramaturi, stramorbidi e  stra-alcoolici, facendo perdere il legame con il terroir di provenienza. Nel suo discorso in francese il Satan or Savior, come definito in una celebre intervista al NY Times nel 2006, ha detto che non è semplice con una équipe di otto "wine consultants"  stare dietro le oltre 100 cantine e  693 etichette  in maniera così costante; ma a ridimensionare il suo ruolo, lo stesso ha ribadito che il vino viene per la maggior parte dalla Vite e dalla cura della stessa e dalla volontà del produttore. Il valore aggiunto del consulente enologo è solo ai fini della "marketability": vi assicuro che, conoscendo Fabio Contato e i suoi vini  già prima della collaborazione con il "Guru", c'è solo un sottile margine di miglioramento e avendo assaggiato i nuovi prodotti posso ben dire di trovarli ancor migliorati, con una accentuata "palatabilità", una più accurata gestione della crio-macerazione, ma con intatte le caratteristiche del Lugana di provenienza o del Rosso Garda Classico di provenienza. In effetti il Molin, mio Trebbiano di Lugana "di base" preferito, mantiene la caratteristica freschezza, con la pesca come marcatore olfattivo, oltre a frutti più esotici e l'ammandorlato classico nel retrogusto; rimuove solo qualche spigolosità di sapidità nel post-assaggio. Ed ancora il Fabio Contato Selezione, assolutamente imperiale in bocca con una morbidezza avvolgente e molto intenso e complesso al naso, con pesca gialla, ginestra, ma possibilità di arrivare, con gli anni alla frutta esotica  e al miele...e qui aspetto gli anni per vedere se può arrivare alla longevità di alcuni Chablis. Del resto era lo stesso Veronelli che decantava la assoluta riconoscibilità di un buon Lugana e ne tesseva le lodi della sua longevità: 
Con Fabio Contato, Patron della Provenza Cantine


"Bevi il tuo Lugana giovane,

giovanissimo e godrai

della sua freschezza.


Bevilo di due o tre anni e ne godrai

della sua completezza"

...e le stesse parole del faro dell'enogastronomia italiana le ritroviamo in quelle che Fabio Contato spesso usa per definire la mission della Provenza Cantine: creare un Lugana del territorio esaltandone le caratteristiche di longevità. A me sembra davvero che ci stia riuscendo!!!