martedì 6 novembre 2012

Viaggio nella Champagne...per brindare a un incontro!! - prima parte



Un classico paesaggio della Champagne

Era da tempo che volevo visitare la Champagne. E cosi' ad agosto con Doretta (la mia compagna) e Benedetta (mia figlia), al solito perfetta nelle laboriose cene dei ristoranti champenois, abbiamo peregrinato per qualche giorno nella terra per eccelenza delle bollicine. Ero proprio voglioso di vedere l'organizzazione di quella macchina da guerra che con oltre 15000 produttori riesce a battere ogni tipo di crisi, con 323 milioni di bottiglie vendute nel 2011 per un fatturato di 4.4 miliardi di Euro. Rimanendo ai numeri, fa impressione vedere com il Belgio consumi circa 9,5 milioni di bottiglie l'anno, vale a dire 2 milioni in più dell'Italia, risultando il quinto consumatore al mondo dopo Francia , Regno Unito, Usa e Germania (noi siamo i settimi dietro il Giappone). Tutto si spiega però: Reims è a due ore e mezza da Bruxelles e loro non hanno né Trento, né tantomeno la Franciacorta!!.

Here we go!!. Lo so che per un blog è lungo assai, ma ho deciso di pubblicare questo articolo in due  puntate, ....sarebbe un un peccato avere preso tutti quegli appunti per essere poi molto sintetici!!

Siamo partiti avendo un percorso prestabilito: due case di rilievo, una media e un vigneron indépendant, un piccolo produttore da visitare, per comprendere un po' la varietà della produzione. Devo ammettere che l'amore per le bollicine mi proviene da una predilezione per determinati Franciacorta, e che all'inizio ero un po'scettico sullo Champagne, vino piuttosto "status symbol" che mi faceva un po' ragionare come Paolo Conte in Bartali "...e i francesi che si incazzano, che le palle ancora gli girano". Tutto ciò completamente cancellato dopo ritorno in macchina con lauta scorta di Bollicine della Marna al seguito. Tutto cio che è qualità deve poter essere nostro bagaglio, specie se siamo dei sommelier. I campanilismi si', proprio quelli,  condizionano ancora troppo il mercato del vino, che si guarda bene dal poter veramente essere quale reale "mercato unico europeo", che a breve invece sarà rilanciato dalle istituzioni dell'Unione. Campanilismi che, ahimé, qualche volta fanno ancora presa su di me.

Eccoci dunque il pomeriggio, dopo la partenza  in mattinata da Bruxelles, a visitare maison et crayères (le cantine in gesso) di Veuve Cliquot, prestigiosa azienda, acquisita dal 1986 dal colosso del lusso Louis Vuitton, Moêt e Hennessy, ma che ha alle spalle una storia significativa. Storia che vede protagonista forse la prima importante imprenditrice al mondo, che prese le redini dell'azienda nel 1805 alla morte del marito, per farla crescere assieme ai due bracci destri, dei quali il secondo, Werle, rileverà l'attività nel 1841. Donna imprenditrice che creò la table de remuage, per effettuare a mano quell'operazione di inclinazione fondamentale per "emarginare" le fecce provenienti dall rifermentazione nel collo della bottiglia prima della sboccatura (per le varie fasi della vinificazione dello Champagne consultate la mia Introduzione al vino francese nelle slides finali). La visita guidata è stata piacevole, le cantine affascinanti, scavate  fino a 30 metri sottoterra nel gesso (craie),  che è il materiale proveniente da particolari accadimenti geologici che è stato la fortuna a livello vitivinicolo in queste terre settentrionali. Il gesso infatti ha una funzione di regolatore idrico e termico e la miscela di gesso e resti marini è un buon fattore di nutrizione per la vigna e si riflette anche nei vini.  Dopo le cantine eccoci ancora nello show room a degustare una coupe di Grande Dame 2004, ammiraglia dell'azienda: la immaginavo diversa, era forse con pressione inferiore al dovuto e scarsa di bollicine; 62 % pinot noir, 8% pinot meunier e 30%  chardonnay (i tre vitigni ammessi). Certo al naso non evocava tanto crosta di pane, ma volgeva verso il mielato e il caramellato, con tendenza addirittura ad evocare profumi del passito, con fiori gialli comunque preponderanti...la persistenza in bocca comunque lunga con note tostate e retrogusto di un "giusto" amaro. Vino complesso e di buona fattura nell'insieme, ma che francamente mi ha un po' deluso...forse le bottiglie in degustazione sono un po' delle rimanenze, la butto lì. E anche la temperatura di servizio non mi è sembrata delle migliori, forse troppo alta
 ( ricordiamo che lo Champagne si deve servire a 6-8 gradi costanti, forse 10 i millesimati, da mantenere con glacette). Il prezzo della visita è di 35 Euro per circa un'oretta e un quarto...una volta che si è deciso si deve accettare anche qualche défaillances dell'organizzazione, ma Veuve Cliquot rimane sempre Veuve Cliquot!!!


Con le "mie donne", sorseggiando la Grande Dame 2004
Deuxième jour: di stanza a Reims abbiamo potuto visitare la stupenda cattedrale gotica, il cui spettacolo di luci ci aveva affascinato già la sera precedente. Poi via a Hautvillers a visitare l'abbazia del mitico Dom Perignon, che oltre ad essere la cuvée di punta di Moêt, è la persona che ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita dello Champagne, cosi' come lo abbiamo oggi.
La tomba di Dom Perignon nella chiesa dell'Abbazia
Infatti all'epoca dell' Abbé Cellerier il vino in Champagne era fermo e prodotto da monovitigni, ma nei viaggi in battello che doveva sopportare per il trasporto in Inghilterra, i lieviti attivavano una rifermentazione che tumultuosa com'era, faceva esplodere una gran quantità di bottiglie, per la verità di un vetro troppo fragile e con un tappo ancora in legno e poco adatto agli urti delle trasversate del tempo. Cosa fece allora Dom Perignon per risollevare i conti della sofferente Abbazia? Con una sua particolare forma di spending review decise di selezionare e mescolare dei diversi tipi di vino, inventando l'assemblage, in maniera tale da gestire in maniera adeguata e equilibrata la rifermentazione. 
Inoltre decise di passare a bottiglie ben più solide, simili alle champagnotte di oggi, e ad utilizzare il tappo di sughero, che con la sua particolare struttura espansiva , era piu' resistente alla pressione della anidride carbonica proveniente dalla rifermentazione; cosi' come fu Dom Perignon a introdurre il "muselet", la mascherina a protezione del tappo, per le medesime ragioni di comodità nel trasporto. 
Dopo avere reso omaggio alla sua tomba sita presso la  piccola chiesa dell'Abbazia, abbiamo visitato, proprio di fronte, i locali della Jean Marie Gobillards et Fils, azienda da un milione e mezzo di bottiglie con vigneti soprattutto a Hautvillers e Dizy. Sulle loro etichette campeggia la dicitura Premier Cru, il secondo gradino della piramide qualitativa prevista nel 1927, appena prima della nascita delle Denominazione d'origine avvenuta nel 1935. Ci sono 44 Comuni dei 319 che sono autorizzati in Champagne, che sono Premier Cru, mentre solo 17 possono fregiarsi della più prestigiosa dicitura  Grand Cru. Per chiudere questa parentesi sulle zone se ne possono individuare almeno cinque: la Montagna di Reims, con massima altitudine di 288 metri, con pinot noir in predilezione, fondamentale per il corpo e la struttura di questo vino capolavoro della tecnica di cantina; la Valle della Marna, che verso est si tinge dell'altro vitigno a bacca Rossa, il Pinot Meunier, che conferisce il fruttato e gli aromi; la Costa dei Bianchi, con preponderanza Chardonnay e apporto di freschezza ed eleganza, e poi la Costa di Bar e  quelladi Sezanne un po' più a sud, con vini forse meno noti che le altre zone, ma  che ci danno il vino fermo più famoso, il Rosé des Riceys, prodotto da pinot noir. Hautvillers si posiziona nella regione di Epernay,  da cui dista 6 km, a sua volta inserita nella Valle della Marna. Per arrivarci, nel bel giro in macchina fatto, abbiamo potuto ammirare lo splendido paesaggio champenois, fra sali e scendi con delle costanti assolute: vigneti a perdita d'occhio, ordine assoluto e armonia e colori indimenticabili. E' già da qualche tempo che circola un video sui siti dello Champagne del comitato promotore del Paesaggio dello Champagne come Patrimonio Unesco. 


Come poter dir no a tale candidatura, anche se a quanto sembra comporterebbe delle piccole deroghe: è forse proprio il paesaggio, ancor più del vino e della cucina che ti fa innamorare di queste terre. In questa cornice la toccante visita allo splendido cimitero monumentale dei caduti italiani della prima guerra mondiale -  i c.d "soldati operai" che contribuirono il 23-24 giugno 1918 a fermare l'avanzata delle truppe tedesche con un tributo di circa quattromila morti -  posto appena sopra la collina di Hautvillers, a Bligny,  ci ha dato modo di sentirci non troppo lontani dalla nostra penisola, almeno con il pensiero. E vi assicuro che è sempre un'emozione vedere il nostro Tricolore, volteggiare al vento in un luogo inaspettato, dopo una curva in macchina fra le colline della Marna, o ancora dipinto a terra con una sorta di mosaico.
Davanti al Cimitero Militare Italiano a Bligny

Eravamo rimasti nello show room di J.M Gobillard et Fils quindi: li' abbiamo degustato un  po' tutto, ma cio' che ci colpi' di più fu il Cuvée Brut Tradition, melange dei tre vitigni dell'annata, oltre il trenta per cento dei vini di riserva di annate precedenti, debitamente conservati a bassa temperatura ed aggiunti  per garantire l'equilibrio voluto dalla maison. Questo che è da considerarsi un vino base, per intenderci,  ci ha invece colpito per la sua freschezza e la sua persistenza, con un perlage finissimo e di una durata impressionante, oltre che per la sua fantastica fragranza al naso, che diventa assoluta freschezza in bocca. Qui lo Champagne è da aperitivo, non più miele, ma sentori citrici, grande brillantezza, frizzantezza in bocca, ma con toni comunque non spigolosi,  che vedrei benissimo in abbinamento con formaggi non troppo stagionati, ma anche con pesce alla griglia. Non è un caso che la Guida Hachette dei vini francesi per il secondo anno consecutivo lo fa comparire conferendogli una menzione per il rapporto qualità prezzo: presso l'azienda 14,50 Euro. Delizioso ci è sembrato anche il Rosato, ancora in perfetto blend fra i tre vitigni, soprattuto per la sua eleganza al palato, e per la particolarità dei sui profumi che alternano la citricità ad un ricordo di fragola e ribes molto avvincenti. Molto elegante ad un assaggio veloce anche il Blanc des Blancs, chardonnay in purezza. Ancora nella mia cantina personale una cuvée speciale in occasione del cinquantesimi anniversario dalla morte di Marylin Monroe, un assmblaggio di annate 2007 e 2008 a maggioranza Chardonnay, 55 per cento: la stilla molto fragrante ed elegante bevuta in quell'occasione è stata di buon auspicio. Aspetto conferme dalla bottiglia che in una delle mie cene proporrò al mio circolo di aficionados... (continua)