martedì 28 gennaio 2014

Vagaggini, il Sangiovese e Amantis: i virtuosismi di un grande enologo

Paolo Vagaggini e Roberto Scalacci durante il corso ONAV
alla sede CIA di Bruxelles
Ho avuto la fortuna la scorsa settimana di poter passare due serate con Paolo Vagaggini, secondo molti il maggiore esperto vivente di Sangiovese, enologo di fama mondiale, che è stato uno dei cinque winemakers selezionati dalla rivista americana leader del settore Wine Enthusiast nel 2013 per essere designato quale enologo dell'anno ( il riconoscimento è andato poi allo chef de cave di Moêt et Chandon Benoît Gouez, premiando forse piu' il "sistema Francia" che l'enologo in sé , seppur bravo). 
Nella prima serata nel nostro Corso ONAV tenuto presso la sede della rappresentanza europea della Confederazione Italiana degli Agricoltori, Vagaggini ha magistralmente descritto la vinificazione in rosso agli allievi assaggiatori con una naturalezza ed un' aneddotica che solo i grandi possono avere: del resto essere il consulente di un terzo delle cantine di Montalcino e fare il Brunello per molte altre fra cui Biondi Santi, Ciacci Piccolomini di Aragona per passare a Brunelli e a Il Palazzone (solo per citarne alcune), gli dà un'autorevolezza quasi automatica, in parte derivante  anche da quel suo tono di voce basso e quel suo modo di parlare all'impronta, mai scontato, ma denso di contenuto. All'estero la sua reputazione è notevolissima, e da grande conoscitore dei mercati, in questa prima serata ha snocciolato, fra le altre cose, un concetto che riassume l'importanza in Europa delle denominazioni d'origine e del territorio in generale:
"Negli USA i clienti in un ristorante vogliono un merlot, un cabernet, uno chardonnay, a limite un sangiovese, parlando solo del vitigno, come prodotto a sé, piuttosto spersonalizzato e decontestualizzato…non chiedono mai un Brunello di Montalcino, un Barolo, un Frascati, un Aglianico del Vulture… anche in Cina cominciano a ragionare cosi'…solo da noi, in Europa,  e dobbiamo far del tutto per preservare cio'… si richiede il frutto di un territorio,  quella combinazione di fattori umani, ambientali, agronomici e climatici che solo un vino di un determinato terroir ci puo' dare…questa è la vera ricchezza del vino …quella di esprimere, attraverso un minuzioso lavoro,  un territorio e le sue caratteristiche"…queste le sue parole al corso, semplici e dirette, che mi hanno molto colpito proprio per la loro immediatezza.
Il giorno successivo, invece, altra kermesse, questa volta nel locale Jamon Jamon a Ixelles di due colleghi assaggiatori ONAV, Lola Cardenas e Matteo Rastelli.
La serata prevedeva la presentazione dell'azienda Amantis, la cui titolare è Bernardetta Tacconi, moglie di Paolo Vagaggini, che ovviamente è l’autore di tutti i vini. Bernardetta dopo la presentazione dell'amico Roberto Scalacci, direttore dell'Ufficio CIA di Bruxelles e grande esperto di vino,  ha introdotto l'azienda, specificando che il nome Amantis, comprensibile in ogni lingua, testimonia della passione per il vino e per il territorio che l’hanno accompagnata in  questa avventura, cominciata nel 2000. 7-8 gli ettari di proprietà per una produzione di circa 40.000 bottiglie annue. L'impianto prevede in media 8100 ceppi per ettaro con bassissimo rendimento e grande concentrazione, 600-700 grammi per pianta. In alcuni casi una sperimentazione estrema ha previsto che si coltivasse una parte del vigneto a 20000 ceppi per ettari e 150 g per pianta (il vigneto più denso del mondo!), con una conseguente iper-concentrazione dei mosti, soprattutto per la produzione degli IGT ad ispirazione Supertuscan, di portata internazionale, che se cadono per terra "bucano il terreno", come ha tenuto a ribadire l'enologo senese.
 La DOC, prosegue Vagaggini, è la Montecucco Sangiovese, di recente (2011) assurta a DOCG e l'azienda, collocata fra l'Amiata e Montalcino, si trova a Montenero d'Orcia , nel comune di Castel Del Piano, già in provincia di Grosseto. Sta proprio sulla riva sinistra del fiume Orcia, e azzardando un paragone, Paolo, già collega del maestro Denis Dubourdieu dell'Università di Bordeaux, provoca "… come a Bordeaux, dove i vini migliori sono sulla Rive Gauche, anche noi siamo sulla rive gauche dell'Orcia…solo che la Rive Droite, ahinoi!!, è proprio Montalcino".  Qui Paolo tentenna e ripete che comunque a livello di brand, nonostante spesso la materia prima,  le tecniche e i vini  siano spesso  allo stesso livello di Montalcino, i risultanti non sono quelli attesi: "Il marketing non ci premia. Fra un medio Brunello o Rosso di Montalcino ed un eccellente Montecucco il consumatore medio preferisce il Brunello. È questo il prezzo delle giovani denominazioni…ma non ci arrendiamo!".
Introduce il primo vino. Si tratta di un Birbanera 2010, base aziendale; IGT Toscana con un' etichetta curiosa, che secondo la filosofia aziendale, deve esprimere il vino che c'è dentro: la birba in toscano è il gatto sul tetto e quindi questo vino, blend fra un 60 % di sangiovese, 20% merlot, poi colorino, e petit verdot, deve essere abile, scattante e adattabile ad ogni palato come un felino. Il sangiovese è riconoscibile all'olfatto, con quella nota di viola che è una costante, oltre a ciliegia, quasi cotta, e una certa speziatura , di pepe nero, che forse proviene, assieme alla robustezza, dal merlot. Molto suadente e "di grande possenza", come ogni IGT, e di una spiccata gradevolezza. Paolo poi, sottolineando la necessità dell'affinamento,  prosegue dicendo che "Non c'è fiera che tenga. E' il vino che vi parlerà e che vi dirà quando è pronto". Cio' dicendoci quanto alta sia la ricerca della qualità, valore guida superiore sicuramente ai capricci del mercato.
Con il secondo IGT, il GOGHI 2010, abbiamo una spiritosa etichetta a forma di orsacchiotto, che è piaciuta molto anche alla mia piccola Benedetta, e gran parte del vino proveniente dal vigneto iper concentrato di cui abbiamo parlato prima. Grande struttura, molta morbidezza, ciliegia, tabacco biondo, speziature dolci, ma anche mon cheri, e un finale tostato quasi di caffè al naso, con un tannino soffice, seducente ed una certa persistenza in bocca con retrogusto non eccessivamente affetto da disidratazione. Qui, secondo Bernardetta, è proprio l'Alicante, unica variante rispetto al Birbanera, vitigno di origine spagnola, che detta legge sui profumi.
Qui Paolo chiarisce, quasi a creare un punto di cesura fra quanto detto sinora e quanto da dire poi:  " Come vedete con gli IGT prendiamo di mira i mercati e sperimentando in questo modo ci divertiamo noi e facciamo contenti chi li assaggia….quando andiamo sul Sangiovese, dovendo esprimere un territorio, il gioco si fa serio" Qui ancora Paolo ci dice che il Sangiovese è molto "lunatico" come vitigno, risente molto dell'annata e del clima, e che , proprio per la sua marcata aggressività, bisogna farlo riposare almeno un anno in bottiglia dopo il classico  affinamento in legno. Quest'anno il sangiovese/brunello è di un'annata old style, come ha già annunciato in un video; è equilibrato, proprio perché il clima non ha dato problemi, e quindi sarà destinato ad una lavorazione tranquilla.
 Presenta di seguito  i vini di cui va piu' fiero: il Sangiovese Montecucco DOC 2007 riserva e quello normale 2008. L'etichetta "parlante" qui è tattile e ruvida, spiegando appunto le caratteristiche già dette del Sangiovese “ che si puo’ degustare ad occhi chiusi, perché ha una direzione precisa e la svela a chi lo assaggia”. Se gli IGT, molto invitanti, ci dicevano "Bevimi", il sangiovese si rivolge a noi con un più austero "Cerchiamo di capirci!", cambiando totalmente approccio. Bernardetta definisce il Sangiovese quale vitigno molto femminile,  poco malleabile, con sbalzi d’umore e che, come le donne, non è cedevole e si fa rispettare. Per l’abbinamento consiglia le carni, magari toscane, dalla fiorentina, agli arrosti o alla ribollita.

Assaggio il 2007, annata severa, e al naso risveglia in me le emozioni provate con i migliori sangiovese. Visciole, speziatura dolce, polvere e cioccolato e tannini molto dolci dopo 24 mesi di grandi botti di rovere di Slavonia e in bocca bevibilità assoluta e morbidezza eccelsa. Il legno quasi non si sente all’olfattiva , né si riverbera in bocca : “ Il boisé entra nel bouquet e non sovrasta il gusto del vino…in ogni mio vino cerco di non snaturare le caratterstiche del vitigno con il legno, non è nel mio stile” – specifica Vagaggini. Il 2008 Sangiovese Montecucco è più pulito, con una nota di cilegia più chiara e una violetta percepibilissima.

Dulcis in fundo il Supertuscan della casa, quell’Iperione “titanico” per possenza e struttura, ma elegantissimo in quanto a espressione gustativa. 90 % Cabernet Franc e 10 % Sangiovese, durante i rimontaggi non prometteva bene, almeno per i cantinieri, per il fortissimo odore del cabernet, viene prodotto ogni tre anni dalle migliori vigne in tremila esemplari. Abbiamo degustato il 2005,  ancora tremendamente giovane alla visiva, olfattiva e gustativa, molto speziato con un “after eight” (cioccolatino alla menta ) eclatante, toni cangianti fino al cioccolato fondente a scaglie, con qualche accenno varietale di erbaceo e peperone verde ancora intatti. Al palato è rotondo, pregnante, poi persistente e lungo, con retrogusto quasi balsamico. Veramente un buon vino.

Per concludere Scalacci ribadisce che uno dei complimenti più accettati da Vagaggini è quello “di fare i vini tutti diversi”, rispettando uno ad uno territori e produttori di provenienza. Il fatto di fare il taglio non al telefono, ma con i produttori che vanno via dopo tre ore “disfatti” dal laboratorio a Siena,  è indicativo dell’attenzione con cui si compiono certe operazioni.
Con Paolo e sua moglie Bernardetta Tacconi, titolare della Amantis
Alla mia domanda su enologi-consulenti chiacchierati e pratiche conducenti a prodotti "poco personalizzati” (vedi micro-ossigenazione), Paolo si è espresso molto diplomaticamente dimostrandosi in maniera velata contro questi modi di fare, proprio perché per piccoli produttori come Lui queste pratiche sono inconcepibili. Forse non lo sono se la produzione diventa industriale, ma non è il suo caso.

In queste due sere mi sono veramente emozionato con Paolo Vagaggini, che mi ha fatto respirare un’aria di “Sangiovesità”, mista a semplicità, trasmettendomi i veri valori che sorreggono questa bevanda straordinaria, frutto di terre sempre diverse.