giovedì 28 giugno 2012

Marche: non solo Verdicchio e Conero. Viaggio tra i vini del Piceno



Un'immagine di Arquata del Tronto

E già ...più che una scoperta sono stati una bella conferma i vini del Piceno, che conoscevo già, ma che ho debitamente  avuto modo di "approfondire" nella breve, ma intensa vacanza di sole, vino, buona cucina,  mare, sport e famiglia a San Benedetto del Tronto in un assolato inizio giugno, in cui, come faccio di solito nei miei prolungati soggiorni estivi, ho bevuto solo ed esclusivamente  vini locali.

Devo dire che non avevo mai fatto il tratto di Salaria che va da Posta e Borbona, dopo le splendide Gole di Antrodoco che videro le prime battaglie risorgimentali, ad Ascoli e che poi giunge, con un piccolo tratto di autostrada, sulla costa adriatica ed invece si è rivelato un viaggio denso di bei panorami e di luoghi di ispirazione eno-gastronomica. Quando lavoravo a Cascia arrivavo in macchina fino al km 120 sotto Cittareale, da dove risalivo gli Appennini per poi ridiscendere, dopo il valico di Civita, verso la cittadina di Santa Rita, a cui sono tuttora molto affezionato . Ed invece subito dopo qualche chilometro luoghi sacri al godimento si offrono alla vista, quali Amatrice, patria dello spaghetto all'amatriciana che rappresenta in senso lato un'icona della cucina romana, e poi superato dall'alto  lo splendido Lago di Scandarello circondato dal verde,  si giunge a quel confine fra Lazio e Marche fra Accumoli e Arquata del Tronto, che solo da poco avevo scoperto che esistesse: solo una decina di chilometri di confine, e proprio lì, in quel di Borgo di Arquata,  si incontra quel  fiume Tronto che caratterizza il sali e scendi fra valli e cavalcavia della Salaria fino ad Ascoli Piceno e che, spesso in secca per presumibili canalizzazioni idrauliche, ci accompagnerà fino al mare.
Giunti appunto ad Arquata, ho notato, prima di Acquasanta Picena,  un cartello che mi ha lasciato perplesso: metteva ¨Pescara". Mi sono detto: "Tutt'al più puo' essere L'Aquila!"...e invece ho scoperto che quel Pescara è un'altra frazione di Arquata, non posta sulle rive del fiume tanto caro a D'Annunzio, ma indicante  in origine il tratto del fiume Tronto in cui si poteva pescare. Perché menziono questa frazione cosi' caldamente? Perché proprio li' nel settembre del 1982 il compianto Guido Cocci Grifoni, seguendo delle indicazioni provenienti da ricerche bibliografiche  compiute assieme ad altri produttori, è andato a scovare, dall'ultimo vignaiolo che lo coltivava  sopra i 1000 metri di quota (Cafini il suo nome), un  vitigno rigorosamente autoctono che veniva  già  allevato verso gli anni settanta del secolo precedente verso Ancona, il Vitigno delle Pecore, il cui vino veniva usato spesso dai pastori locali al posto del rosso, proprio per la sua robustezza, durante i periodi delle transumanze. Si', stiamo parlando del Pecorino e pensate che dopo le sperimentazioni del febbraio successivo, per cui si stabili' che i vigneti davano il loro meglio se esposti a nord e dopo la confezione delle barbatelle da parte di una ditta friulana, il primo vino lo si ottenne  solo nel 1990. Da questa intuizione praticamente si fece la fortuna di quella zona, e di Offida in particolare, che dopo la IGT, ricevette la DOC solo nel 2001, per terminar il proprio percorso a giugno del 2011, con il riconoscimento della DOCG, per l'Offida Pecorino, l'Offida Passerina per i bianchi e per il Rosso, composto principalmente da Montepulciano (ricordiamo che le Colline Teramane dei grandi vini abruzzesi sono li' a due passi) e Cabernet Sauvignon per un 30 %.
Il Pecorino o " Rosso vestito di bianco", come lo definiva il suo ri-scopritore, vino piuttosto trendy anche in enoteche della capitale,  deve la sua struttura al clima tipico di quella zona, a quel 43esimo parallelo "mediterreaneo" che caratterizza il clima marino della costa adriatica e alle escursioni termiche data dall'influenza dei Monti Sibillini e della Laga, che ne fanno territorio crocevia di ben due Parchi Nazionali. Quindi alto coefficiente saccarino e gradazione alcoolica di minimo 13.5 gradi, grande spalla acida e grande estratto secco a sottolinearne la sua struttura che gli conferisce un' ottima longevità, per cui lo si puo' bere anche di due anni precedenti con molta tranquillità, senza avere il rischio di trovarlo svanito (e su questo abbiamo avuto un dibattito con l'amico Roberto Scalacci, direttore CIA di Bruxelles, che invece preferisce i monovitgni bianchi bevuti solo nell'annata precedente, perché mantengono più intatte le proprie caratteristiche) .
In dieci giorni, anche grazie alle visite ricevute e alle uscite in ristorante, sono riuscito a bere quattro o cinque diversi tipi di Pecorino di alcune delle cantine piu' importanti della zona, e devo dire che già solo nella grande distribuzione, si ha a disposizione un'ampia gamma di scelta cui francamente non ero abituato. Abbiamo tributato il giusto onore al vino "ammiraglio" della Cocci Grifoni, il Pecorino di Offida Podere Colle Vecchio,  cinque grappoli Duemilavini 2012, vino dell'eccellenza quindi e che si riesce a comprare anche a 11,00 Euro, cosa anche questa a cui non sono piu' abituato da quando sono in Belgio: questo vino e' davvero magnifico, con uno spettro olfattivo ampio e complesso, con camomilla e ginestra coniugati ad una sapidità/aromaticità che mi ricordava la salvia,  e note di pesca giallona abbastanza insistenti, volgenti al melone nei vini di annate precedenti.  In bocca è quel vino avvolgente,  caldo, morbido e sapido che aspettiamo preannunciato dalla sua intensità olfattiva. Cio' che colpisce è la persistenza in bocca, con toni  al tempo stesso sapidi  e mielati che danno sollievo alle nostre papille gustative. Cosi' strutturato puo' bene abbinarsi con pesce, come noi abbiamo fatto, grigliato e adeguatamene condito, o anche con una fritturina saporita,  altrimenti sovrasta il cibo. Non è nemmeno cosi' scandaloso associarlo con salumi strutturati e formaggi saporiti, rigorosamente locali, magari per un aperitvo sostanzioso.
Gli altri pecorino che ci hanno positivamente  colpito sono il De Angelis, ben strutturato ed equilibrato,  dove le note agrumate emergono con chiarezza assieme ad una  sapidità ben articolata e ad una freschezza ben congegnata; il Merlettaie Ciu' Ciu', azienda di Offida molto nota nel Norcino, che forse è già un po' diverso per quei sei mesi in rovere che gli conferiscono una nota vanigliata oltre a quella tipica sapida e con sentori di fieno, comune ad altri. Il Cherri Altissimo, per contro, non ha trovato le preferenze della mia compagna, perché volge verso un retrogusto di mandorla, che spesso non trova proseliti, e che comporta altresi' che la sensazione di pseudocalore alcolico sia piu' avvertita che in altri vini, non passando  inosservati quegli avvolgenti quattordici gradi : è un vino diverso ma egualmente apprezzabile, forse per palati meno "femminili".
I vigneti Cherri ad Acquaviva
Altro bianco che abbiamo provato è la Passerina, vitigno anch'esso tipicamente adriatico che a torto si accomunava in precedenza al Bombino Bianco, forse perché anche'esso veniva chiamato Pagadebiti come il Bombino in Romagna,  perché  dava rese buone con le quali spesso i viticoltori compensavano annate poco buone. Vitigno della famiglia dei trebbiani teramani il suo nome piuttosto "ambiguo" sembra derivare dalla struttura del grappolo, esiguo, alato  e con acini sferici di colore giallo intenso, che ricorda un piccolo passero.
 Viene vinificato sia secco che rifermentato per dare un fresco spumante (da provare), dà vini meno strutturati che  il Pecorino, più leggeri e meno complessi che ben si abbinano ad aperitivi o a piatti di pesce non troppo sostanziosi. Altre versioni sono quelle teramane e quella del frusinate di produttori del Piglio, quali ad esempio Giovanni Terenzi, parimenti gradevole e quella del nostro amico di Palestrina Benedetto Lombardi, anch'essa molto "aperitivista".
Abbiamo asaggiato la Passerina  IGT di Velenosi, azienda da un milione e mezzo di bottiglie l'anno di Ascoli,  dal colore ancora tendente al verdolino e molto fresca e fruttata di pesca, e quella di Cherri, la Radiosa, Offida Passerina DOCG, in purezza e piu' corposa dell'altra per via di una criomacerazione  di 24 ore che fa passare piu' estratto dalle bucce, dalle fragranze di pesca molto intense, con una persistenza gusto ofattiva anch'essa ragguardevole, ma non comparabile a quella del pecorino.
E ancora per i Bianchi l'assaggio si è spostato sul Falerio dei Colli ascolani DOC della Cocci Grifoni, da Ripatransone: leggero, 12 gradi, composto di un uvaggio fra Pecorino, Passerina e Trebbiano Toscano, dal colore ancora tendente al verde, all'olfatto ricorda fiori bianchi e gialli e aromi varietali dei componenti il blend, mentre in bocca colpisce per un retrogusto ammandorlato, che ancora una volta non ha trovato i favori di Doretta. La freschezza è comunque predominante e lo rende molto estivo. 
Per i rossi ci siamo concentrati soprattutto sul Rosso Piceno, assaggiandone tre esempi. Ricordando che il rosso piceno è dato da un uvaggio variabile fra montepulciano e sangiovese,  abbiamo provato il Cherri da Acquaviva Picena, che matura in acciaio 9 mesi e ne fa altri 6 di bottiglia prima di essere messo in commercio. Vino corposo di 14 gradi, forse un po' etereo, dove le visciole emergono chiare all'olfatto, con note anche di caffè che ricordiamo bene, il rosso piceno è un vino invernale, ma se abbinato a dei piatti strutturati può dire la sua anche nella canicola estiva. Come la dice anche il Carminucci Naumachos 2008, di Grottammare, un po' più a nord, vista la maggiore ampiezza della DOC, che nella tipologia "superiore", ci ha particolarmente colpito: di un rubino quasi nero, il vino ha uno spettro olfattivo di frutta rossa e di terziario dovuto al suo invecchiamento di un anno in botti di rovere francese, specie di liquirizia, ed è un vino morbido nella sua consistenza, quasi da masticare ed è dotato di una persistenza aromatica moto lunga. La stessa che ritroviamo nel Ciù Ciù Gotico 2008, anch'esso  di tipologia superiore, maturo, morbido e con chiaro sentore di tostato, caldo con i sui 14.5 gradi,  e di una buona persistenza. Vini da piatti strutturati e succulenti, che mi hanno colpito per la loro gentilezza , nonostante i muscoli.
Un'immagine del Ristorante Puerto Baloo
Così come mi ha sorpreso un vino Cabernet della azienda agricola Malavolta di Montefiore dell'Aso, l'altro fiume della zona, cabernet con piccola percentuale di merlot,  quasi uno sciroppo con chiari sentori di amarena e speziature varietali di peperone verde mai esagerate e piccoli accenni di vaniglia, e che in bocca è di una lunghezza abbastanza rilevante, con una piacevole sensazione quasi dolce al palato.


Questo vino lo ho acquistato in uno dei punti vendita, molto ben organizzati  della cooperativa Agri-Service a San Benedetto del Tronto, dove possono essere degustate e acquistate delle vere e proprie delizie di una cooperativa di piccoli produttori del Piceno-Teramano: su tutti dei splendidi pecorini di media stagionatura e un salame di vitello, magro e saporito che consiglierei di reperire. Se vi capita di andare da quelle parti sappiate che sono attrezzati anche per visite presso le fattorie, anche per bambini.
E per due volte, in una cornice splendida con vista sul tramonto sul mare abbiamo cenato, per la prima volta in terra italica  con Roberto Scalacci e consorti, su sua indicazione nel ristorante Puerto Baloo, dentro il porto di San Benedetto. Ottima cucina di pesce, ottimi vini da abbinare, già citati, e buon servizio,  interminabili antipasti di pesce, fra cui spiccano i cartocci di spigola e ricciola, e le seppie in umido di patate, veramente memorabili, così come le tagliatelle allo scoglio,  e le fritturine come secondo piatto, con pesce fresco, digeribile e di qualità.