lunedì 3 dicembre 2012

Viaggio nella Champagne...per brindare a un incontro - seconda parte


Nel castello di Chateau Thierry, assieme all'Aquila Americana

Eravamo rimasti nello scorso post verso la metà del viaggio...nottata dunque a Chateau Thierry, limite estremo occidentale della Valle della Marna e dove il fiume scorre nel centro-città; paesotto che non ci ha offerto granché di interessante a livello di bellezze architettoniche o monumentali (anche perché mezzo centro era devastato dai lavori). In compenso abbiamo potuto assistere in un assolato pomeriggio, nel castello dove la leggenda dice che passo' Giovanna d'Arco prima della presa di Reims a invertire la rotta durante la guerra dei Cent'anni contro la corona britannica, ad uno spettacolo molto interessante ed emozionante di rievocazione medievale con cavalieri, falconieri e rapaci d'ogni dove, che, comunque è rimasto impresso nella memoria. Forse dal nome della cittadina cosi' "ben-suonante" e dal fatto di avere dato i natali a Jean De La Fontaine, ancor vivo ricordo con le sue favole della terza liceo, ci si sarebbe aspettato qualcosina in più...ma tant'è...

L'insegna della Michel Henriet

Giorno dopo alla ricerca del contadino vigneron indépendant...un paio di indirizzi segnalatimi dal mio collega belga delle Fiandre, telefonata già avvenuta qualche giorno prima, ed eccoci a Verzenay, nella Montagna di Reims, comune premier cru, dove la principale attività economica è lo champagne. Facciamo un giretto, vediamo il Mulino della Mumm e i suoi vigneti,  e ad un insospettabile angolino, eccoci apparire la piccola insegna, con decorazione floreale, dobbiamo dire assai elegante, della Michel Henriet. Normalmente l'Azienda è gestita dalla figlia Magali, ma questa volta, suonando al citofono, ci ha accolto suo padre. Dal linguaggio schietto e dai tratti rubicondi, questo signore già un po' avanti con l'età, era quasi imbarazzato quando ho detto che, oltre a voler degustare i suoi vini, volevo parlare un po' della cantina, di come interpreta il suo ruolo di vigneron.
Ci dice, dopo esserci seduti in uno spazio per i clienti molto semplice e sito nella taverna di casa,  che gli Henriet praticamente sono vigneron da sempre,  recoltants manipulants (RM in etichetta) da cinque generazioni almeno, che possiedono nemmeno cinque ettari solo Grand Cru a Verzenay e che erano prima molti di più, ma poi un suo fratello ha deciso di staccarsi. Che la produzione di 45.000 bottiglie, con una resa di 100 litri ogni 160 kg di uva,  se ne va ogni anno senza alcun residuo e che gli inglesi e soprattutto i belgi sono i maggiori consumatori. Per l'Italia non ha importatori e quindi per berlo bisogna quantomeno oltrepassare le Alpi.

Magali Henriet
Magali Henriet


Ci fa assaggiare tre vini, un blanc de blancs, ben fatto , ma non impressionante, un Carte d'Or millesimato del 2004, da appassionati,  con sentori di pane briochato e miele, ed il brut tradition a maggioranza pinot noir, il più semplice, ma più impattante: un fiume di freschezza e acidità, bollicine persistenti anche in bocca, profumi citrici che hanno la meglio sulla crosta di pane, ben adatto ad aperitivi e anche a piatti di pesce, come buon "sgrassatore". Il prezzo di Euro 13.50 poi ce lo ha fatto sembrare da subito una buona scelta.
La cosa più curiosa è stato scendere sotto in cantina, nei tre piani sotto il livello del suolo, dove abbiamo avuto modo di vedere le presse, les "cuves" d'acciaio dove il vino riposa ed altri attrezzi tipici, quali la macchina per effettuare la sboccatura, con la salamoia che puo' arrivare a 30 gradi sotto zero. Tutto molto artigianale, ma estremamente collaudato. Alla domanda "E lo stile del vino?" Michel ha replicato "A quello ci pensa l'enologo e in parte mia figlia, ma facciamo solo qualche bottiglia di Extra-dry, perché il mercato non vuole altre tipologie": tutto cio' ci dà un'idea che comunque da quelle parti è normale conoscere il vino, è normale che lo si sappia fare, e che l'immagine all'esterno dello Champagne è forse più altisonante di quella che gli stessi produttori hanno. Segno che il marketing ha agito e continua ad agire bene, con un prodotto che comunque è di per sé in media di assoluto pregio.

Michel Henriet, nelle sue cantine

A ribadire poi che lo champagne fa nome da solo il fatto che all'ingresso, in attesa , c'erano due ragazzi inglesi accompagnati dalla signora Henriet che venivano per comprare delle bottiglie...

Il trasferimento nelle colline della montagna di Reims fino a Epernay, dove abbiamo trascorso la terza notte, ci ha portato nel comune vero regno delle grandi maisons. Cittadina gradevole alla vista, piena di bar à champagne, ristoranti champenois, con un solo leitmotiv commerciale: il vino con le bollicine. Dopo una visita all'attrezzato ufficio del turismo, dove si alternano ogni giorno, almeno d'estate, le maisons più piccole con delle degustazioni dei loro champagne di base, abbiamo cenato presso l'elegantissimo Restaurant du Théâtre (qui il sito molto curato), nella piazza centrale della città: ottima la "coupe" di entrata di Champagne rigorosamente locale De Castellane assieme al classico, ma mai scontato, foie de canard accompagnato da frutta secca. Poi spazio ai sapori del cuoco fiammingo Lieven Vercauteren, con  cotolette d' agnello deliziose e  petto d'anatra alle zucchine che ho abbinato  con un Syrah Croze Hermitage della "garanzia" Etienne Guigal (17,00 Euro, mezza bottiglia). Il tutto seguito da altrettanto gustoso  dessert di formaggi francesi, a cui non abbiamo proprio saputo dir di no. Costo? Nemmeno 45,00 Euro a persona, ragionevole se pensiamo al luogo e alla qualità.

La sede di Perrier Jouet in notturna sul viale dello Champagne

E dopo cena? Ma si', passeggiata nell'incantevole avenue dello Champagne, con le suggestive illuminazioni delle grandiose sedi delle principali case locali che scorrono in fila lungo il cammino, da Moët et Chandon à Perrier Jouet, per passare a Pol Roger, Esterlin fino a giungere a De Venoge, solo per dirne alcune. Letteralmente indimenticabile e forse anche inaspettato: merita davvero da solo il riconoscimento UNESCO, senza dimenticare poi che sempre nella stessa avenue ci sono Musei del Vino, la sede del famoso CIVC, il Consorzio di tutela dello Champagne, e la sede del comune di Epernay, garnita di giardini degni delle migliori ville seicentesche in Italia: certo da queste parti il Comune non deve patire problemi di bilancio a giudicare dalla sontuosa sede e dall'accuratezza nel gestire il verde circostante lo stesso edificio.

Charles Philipponat al Clos des Goisses

Nel giorno successivo, dopo visita mattutina ad Epernay  ci siamo spostati alla media casa di Champagne, circa 650 mila bottiglie prodotte all'anno, con privilegiata visita dell'azienda  Philipponat  à Mareuil sur Aÿ, estremo orientale della Valle della Marna,  tenuta in italiano dalla competentissima e simpaticissima Nicoletta De Nicolo', manager commerciale con master in marketing del vino in Francia e corteggiata, sinora senza esito, anche dai big nostrani delle bollicine in Franciacorta.

Durante la visita ci fa vedere i luoghi di lavoro della Philipponat, maison fondata da una famiglia stabilitasi nella Marna già dal sedicesimo secolo e oggi condotta da Charles Phlipponat, dopo che i suoi avi Auguste e Pierre avevano comprato lo chateau a Mareuil già nel 1910, acquisendo le cantine in gesso che risalivano al 1700. Nicoletta, con percepibile accento veneto,  ci dice che Charles è al timone dell'azienda da una ventina di anni dopo MBA all'INSEAD di Parigi ed esperienza come Segretario Generale di Moët et Chandon, e che assieme all'enologo Thierry Garnier ogni anno prima di arrivare alla cuvée che prosegue lo stile Philipponat, assaggiano più di ottanta campioni della cuvée che proviene dai circa cinquanta vini dei diversi vigneti di Philipponat ( ricordiamo che il 75% delle uve provenienti da conferitori di vecchia data e che quindi oltre che produttore da uve proprie, Récoltant Manipulant, Philipponat, come tutti i grandi produttori è anche Négociant Manipulant, vale a dire che compra uva da altri coltivatori).
I dosaggi, vale a dire l'aggiunta di zuccheri alla sboccatura,  sono bassi per il brut, mai più di 8 grammi per litro, abbondantemente sotto i 12 grammi permessi dopo la riforma del 2009 (regolamento europeo 607 del 2009) e caratteristica dei Philipponat è quella di evitare la fermentazione malolattica per i vini più importanti (molti millesimati e Clos des Goisses) per favorire una maggiore spalla acida adatta all'invecchiamento e di far già fermentare almeno il 40 per cento dei vini in delle barrique, dove già  riescono a prendere quell'affumicato, tostato e mielato che vuole essere, assieme agli aromi naturali di chiara matrice citrica, quelli caratteristici di Philipponat, secondo lo stesso Charles.

Un Clos des Goisses al femminile, con Nicoletta De Nicolo'

Momento emozionante è stato quello della visita, solo per me e Doretta ad uno dei "luoghi sacri" dello Champagne, quel Clos des Goisses, talmente scosceso che è raggiungibile solo in fuoristrada. Viticoltura quasi eroica, vigneto di 5,5 ettari con 65 per cento di pinot nero e 35 di chardonnay, esposizione a sud, con collinetta di gesso con pendenze del 40 per cento  che scende a picco sullo specchio d'acqua della Marna.
Prima ancora Nicoletta ci aveva portato nella show-room, per farci degustare  quasi  l'intera gamma degli champagne della casa: il Royal Reserve, il brut diciamo di base (50 % pinot nero, 30 chardonnay e 20 pinot meunier), già complesso con tre anni di invecchiamento sulle fecce, dagli aromi di fiori gialli e miele e di agrumi glassati, in bocca esalta per freschezza di frutti che dà anche verso quelli di bosco e un'eleganza che si dimostra anche nel finale lungo a retrogusto piuttosto tostato. Mi ha colpito per un'effervescenza abbastanza limitata alla vista, che invece in bocca è sbocciata impetuosa, rimanendo a lungo fra le papille: va bene come aperitivo, ma, senza carni elaborate,  può essere un buon compagno di viaggio durante tutto il pasto (il costo è già un po' più elevato, attorno ai 30,00  euro nelle enoteche di Reims, visto che Philipponat non vende nello show-room).
Altro pezzo forte che mi ha colpito è stato il Grand Blanc da soli vini base Chardonnay della Cote des Blancs e della Montagne de Reims: i sentori tipici  e l'eleganza dello chardonnay secco ci sono tutti, dai fiori gialli al burrato a qualcosa che in bocca mi è sembrato un misto fra nocciola, dulce de leche e cioccolato bianco, dati dai 5 anni passati sui lieviti e da una addolcimento della citricità dato dalla fermentazione malolattica. Il tutto in connubio perfetto con una bocca adeguatamente e finemente "pétillante" ed un retrogusto lungo e rotondo in bocca. Sicuramente ottimo con pesce, ma anche per un sontuoso aperitivo. Se parliamo del millesimato 2004 dobbiamo salire a cinquanta euro per allietare i nostri sensi di questa prelibatezza.

Ancora un'immagine di uno dei vigneti storici della Champagne



Poi come dimenticare la degustazione del Clos des Goisses, stereotipo dello Champagne complesso, con naso cangiante da fragranza di pane e briosche e frutti di bosco, per passare al miele e poi al tostato e all'affumicato, cosi' tanto ricercato da Charles come marchio di fabbrica. L'invecchiamento in cantina è decennale ed il vino è quasi eterno in bocca, con la sua mineralità sempre pungente proveniente dal terreno in "craie" che si riverbera al palato e con una complessità che non disdegna abbinamenti arditi, persino di selvaggina o tartufo. Altra categoria di champagne, adatta forse a chi conosce già un po' questo mondo: chi si aspetta solo acidità e bollicine resterà, sebbene impressionato, forse deluso, sebbene il prezzo che varia dai 120 ai 150 Euro, a seconda del millesimo.
Ottimo anche lo champagne dolce, il Sublime Réserve da uve chardonnay al 100% con trenta grammi/litro di zucchero residuo, che ricorda, almeno al naso, forse più i passiti che gli spumanti freschi dolci, e che ben si abbina  con foie gras e dolci a base di crema. Dieci anni  di invecchiamento!! Troppo? Forse... se si pensa, pero',  come ci ha detto Nicoletta,  che la gamma Philipponat era quella preferita dall'avvocato Agnelli, si intuisce che di certo non sono assolutamente champagne di tutti i giorni, ma che prediligono ancor più degli altri, le grandi occasioni. La stessa Nicoletta per l'ultima cena della gita ci  ha consigliato un altro ristorante tipico, la Brasserie des Boulingrin a Reims, dove ben abbiamo potuto ancora una volta ribadire a buoni livelli, la formula coupe de champagne iniziale e terrina di foie gras, e piatto di carne, manzo alla bernaise con decoroso contorno di verdure e cotolette d' agnello tanto care alla mia compagna e vino rosso ancora della Cote du Rhone. Non fantasmagorico, è pur sempre una brasserie, ma vale molto la pena, costo sotto i 40,00.

L'indomani, dopo spesa in enoteca sotto la Cathédrale, dove mi sono permesso di chiedere uno champagne di un négociant beccandomi la ramanzina del proprietario che ci ha detto che assolutamente non tratta chi usa solo uve degli altri, siamo tornati a Bruxelles, felici e con un paio di chili in più...un viaggio da riproporre, con le dovute varianti, e da consigliare a tutti e specie agli enofili!!

PS: durante tutto il viaggio il tormentone del grande Peppino di Capri, di cui oramai anche la piccola Benedetta intona il ritornello, è risuonato vivo  nei nostri timpani. Abbiamo fatto persino l'esegesi del testo, diario di viaggio di un playboy di altri tempi (si era nel 1973), e dove il "gettare via i perché" di un passaggio riassume tutto :-).