martedì 15 aprile 2014

Ornellaia, l'uomo dell'Aia , Bolgheri e i suoi molteplici filar


Nella foto del blog, quella di copertina, ho di proposito messo forse i vini più rappresentativi italiani nel mondo: Sassicaia, Solaia e Ornellaia. Nonostante i puristi forse storceranno la bocca, sempre combattuti nel dare importanza a vitigni che non sono ascrivibili al territorio italiano, ho preferito inserire questi vini piuttosto che altri perché dovunque nel mondo rappresentano magia, prestigio, e in un certo senso generano un certo orgoglio patriottico anche a chi li beve. Ciò ancor di più per un expat che si deve confrontare quotidianamente con una serie di stereotipi che avvolgono, non sempre generando ilarità, l'appartenenza al nostro popolo e la provenienza dal nostro splendido paese. Sì, perché per certe cose sono orgoglioso di essere italiano, e l'enogastronomia è una di queste e devo ammettere che da quando sono qui il ritornello finale della canzone dell'ultimo Gaber risuona spesso e volentieri in certe occasioni nella mia mente ("Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono, io non mi sento italiano, ma per fortuna, per fortuna lo sono!").  Ho avuto poche volte, complice anche una certa "importanza nella spesa", il piacere e l'onore di pasteggiare con questi che il giornalismo negli anni 70, nella specie Robert Parker, guru americano del settore, ha chiamato Supertuscan, per via del fatto che si distinguevano, e nelle intenzioni dei produttori dovevano potersi distinguere, per la differenza e la maggiore struttura,  rispetto ai semplici vini "Tuscan" della DOC Chianti 1967. I disciplinari avevano di fatto un po' appiattito questi vini nella qualità e nel gusto, anche per la non adeguatezza della vecchia formula chiantigiana proposta oramai da un secolo da Bettino Ricasoli, in cui si aggiungeva al blend anche del vino da vitigno a bacca bianca quale il trebbiano, incidendo sulla struttura e sul corpo (rimasto nel disciplinare del Chianti classico fino al 2006): fu grazie alla spinta del nipote Marchese Piero Antinori e del suo consigliere enologo Giacomo Tachis, che Mario Incisa della Rocchetta, che dal 1944 produceva già nella maremma livornese a Bolgheri un vino semplice con un Cabernet Sauvignon importato direttamente dal bordolese dagli amici duchi Silviati, si convinse nel 1968 a commercializzare come Vino da Tavola quello che poi diventerà in seguito un mito, quello del Sassicaia, e che aprirà la strada ad altre sperimentazioni. Di seguito poi vennero il Tignanello nel 1971, il Solaia e il Guado al Tasso, prodotti da Antinori sulle orme di quanto fatto dallo zio, creando una sorta di rivoluzione nel classico mondo dei "vinattieri toscani", e che solo successivamente fu recepito come fenomeno degno di tutela dall'austero mondo della regolamentazione vinicola, che negli anni 90, dopo la IGT, si arrese e concesse la DOC a questa nuova formula vitivinicola.
Con Andrea Dionisi, l'Uomo dell'Aia
Dicevo che ho bevuto ben poche volte questi vini e una costante è quella che è sempre stata la medesima persona a proporli: io per scherzare lo chiamo "L'uomo dell'aia", ma non perché si distingua per ruoli di rilevo nei tribunali internazionali o negli organi di polizia europei o abbia a che fare con la ditta che produce polli o sia un arbitro calcistico di lungo corso, ma semplicemente perché tutti gli "aia" supertuscans che ho assaggiato provengono dalla sua cantina. A quelli già citati il Commendatore Andrea Dionisi, ora funzionario qui in Commissione, ma con trascorsi internazionali di rilievo oramai da una trentina di anni, ha proposto anche il Lupicaia del Castello del Terriccio nel livornese più vicino al pisano, qualche mese fa, anche questo da includere nel gotha della Supertuscanità. Da sempre amante del "bon vivre", ci accomuna una passione per l'edonismo enogastronomico che coltiviamo da anni e che vogliamo continuare il più a lungo possibile.
Il 5 aprile a cena a casa nostra, la classica pelle d'oca appena ho preso da Andrea in mano la bottiglia per aprirla. Avevo davanti a me un Ornellaia del 2001, un altro mito, dopo il Sassicaia e il Solaia (già proposti),  fra le mani! 5 grappoli AIS, 3 bicchieri Gambero Rosso, 96/100 del Wine Spectator, 95/100 da Wine Advocate,  gigante del vino italiano, giudicato nel 2001, a un solo anno di distanza dal Solaia di Antinori, migliore vino al mondo dal "Wine Spectator" per l'annata 1998.
I "cimeli" delle altre serate con Andrea
Mi ha sempre affascinato il mondo del vino perché per me ha sempre rappresentato un intreccio di storie, di territori, di vite, di culture, ma anche perché, come un bambino davanti a una fiaba, ho sempre visto quello delle famiglie del vino italiane, io semplice uomo di provincia, come un mondo distante e inarrivabile, simile a quello delle Fate, fatto di conti, duchi, marchesi, poderi, latifondi, castelli e fonte, nonostante tali distanze socioeconomiche, di una crescente curiosità. E conoscere la storia dell'Ornellaia è anche un po' questo: Ludovico Antinori, uscito dalla tenuta di famiglia per contrasti con il padre Niccolo' ed il fratello Piero, decise di investire in America nel nuovo mondo del vino, affidandosi ad una leggenda di quel nascente mondo, l’enologo di origini russe André Tchelitscheff, che dall’epoca del proibizionismo aveva fatto scuola soprattutto in California. Lo stesso lo dissuase e lo convinse ad investire nelle tenute dell’Ornellaia, nelle terre carducciane, in quei 40 ettari ereditati dalla mamma Carlotta della Gherardesca a cui nei primi anni 90 Ludovico poi aggiunse altri 55 ettari della località Bellaria, poco lontana. Le tenute quindi sono tutte vicinissime, provengono dalle tenute marittime dei Conti della Gherardesca e quasi confinano: Sassicaia è li' vicino ed è eredità di Clarice della Gherardesca, sorella di Carlotta e moglie di Mario Incisa, i mille ettari di Guado al Tasso sono poco più lontano.
In queste terre "gherarde" nel 1981 fu prodotta la prima annata dell'Ornellaia, frutto dei più classici tagli bordolesi, con predominio di 55%–65% Cabernet Sauvignon, 20%–25% Merlot e poi Cabernet Franc e Petit Verdot. Dall'86, dai sette ettari del Cru Masseto viene prodotto lo Chateux Petrus italiano, quel Masseto che nel 2005 ebbe i 100/100 dal Wine Spectator e che forse rappresenta il non plus ultra di quello che un merlot può dare nelle itale terre.  Ludovico, uomo-marketing apprezzatissimo oltre oceano, nel 1991 cominciò la collaborazione (che prosegue ancora oggi) con Michel Rolland, il quale annovera ancora, fra le 693 cantine di cui è consulente, anche molte eccellenze. L'austerità del primo supertuscan Sassicaia, lascia spazio alla spettacolarità della Tenuta dell'Ornellaia, con cantine trasformate in permanenti show rooms e personale sempre ben versato nel marketing.
Il Marchese Leonardo Frescobaldi
Negli anni 90 l'enologo è l'ungherese Tibor Gal, cui succede, negli anni dell'acquisizione da parte di Mondavi, Thomas Deroux, ora a Chateau Palmer, e dal 2005 il bavaro-francese dall'inglese prefetto Axel Heinz, in un melting pot di prevalenza mitteleuropea anch'esso piuttosto particolare. Il balletto della proprietà si inserisce nel medesimo filone: i californiani Mondavi nel 1998, acquistano una quota, diventando poi dal 2002 unici proprietari e cedendo il 50 per cento ai Marchesi Frescobaldi, acerrimi concorrenti degli Antinori.  Per dissidi poi sulla linea aziendale con la Constellation Brands subentrata a Mondavi da qualche mese, che voleva scendere di "segmento" e Frescobaldi che voleva mantenere i brand di lusso, i marchesi fiorentini nel 2005 acquisirono l'altra metà del colosso americano e diventarono gli unici proprietari della casa.  C'è chi maligna sul fatto che tutta l'operazione Mondavi sia stata artatamente creata per il fatto che Ludovico Antinori mai avrebbe ceduto la tenuta direttamente ai nemici pari titolo Frescobaldi, ma come vi avevo detto l'intreccio è tale da far sembrare la saga quasi degna di una soap opera americana.
Per ritornare al Bolgheri Superiore Ornellaia eccolo, combinato con una amatriciana in cornucopia di pecorino sapientemente preparata dall'autoctona (perché di Rieti) Doretta, su ispirazione dell'Oste della Bon'Ora  ed una robusta "côte à l'os" alla griglia. Il colore è ancora molto pieno per avere tredici anni, e l'incipit all'olfatto è un po’ timido: sottobosco e accenni di confettura di frutta rossa, ma si deve ancora aprire. Dopo una mezzoretta si va poi sul cuoio, in una progressione “terziaria”che ci porta poi alla liquirizia, per volgere poi verso l’eucalipto, il mentolato, ma anche ad un lieve tostato, su fondo sempre di frutta rossa matura, con un ventaglio olfattivo strepitoso che quasi sembra un peccato interrompere per porgere il bicchiere alla bocca. Qui la delicatezza dei tannini è paradigmatica, la morbidezza al palato sensazionale e la persistenza lunghissima, con un retrogusto dove i ricordi di frutta rossa si combinano con una certa dose di cacao finale.
L'Ornellaia celebrativo della venticinquesima vendemmia
con l'etichetta di Michelangelo Pistoletto
Tutto cio’ avviene dopo lunga macerazione di 25-30 giorni, 12 mesi di affinamento in barriques, assemblaggio della migliore della circa novanta miscele selezionate da Axel Heinz, sei mesi ulteriori di barrique e altri dodici in bottiglia.
Del resto questa attenzione iniziale si riverbera nella loro assoluta affidabilità e longevità,  che li ha fatti diventare anche l'ultima frontiera dell'investimento finanziario, come indicato recentemente dal Sole 24 Ore in un articolo apparso qualche tempo fa. Una bottiglia celebrativa dei venticinque anni di Ornellaia dello scultore Michelangelo Pistoletto è stata battuta da Sotheby a Londra lo scorso anno a 105.000,00 Euro e l'iniziativa volta a sovvenzionare enti artistici quale è la Vendemmia D'Artista, riscuote crescente successo da oramai sei anni e quest'anno vedrà protagonista il canadese Rodney Graham.
Ben vengano serate come questa, con l'Uomo dell'Aia che ci propone delizie, che siamo pronti ad onorare. Il prossimo sarà il turno dell'eccellenza spagnola della Ribera del Duero e di un altro mito, quello del Vega Sicilia.
Un caro augurio di Buona Pasqua a tutti i lettori.

1 commento:

  1. Molto bello il blog!Sa dirmi cortesemente chi sono ORA i proprietari della Tenuta dell'Ornellaia??
    Grazie

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